"Gli
spazi interminati del colore"
Ancora nel Settecento, l'Europa intellettuale fu sconvolta da una violenta
polemica: un poeta, Johann Wolfgang Goethe, aveva osato contrastare,
con una incursione nel campo dei numeri e della sperimentazione, uno
dei massimi scienziati d'ogni tempo, Isaac Newton. Oggetto del contendere,
la natura del colore; o, più precisamente, la sua origine. Per
Newton, era il bianco la matrice d'ogni cosa, come dimostrava il fatto
che un raggio di luce, - bianco per l'appunto - filtrato da un prisma,
si scindeva nei sette colori dell'arcobaleno, che esso dunque da sempre
conteneva. Per Goethe, il bianco era invece puro, e l'avvicendarsi dei
colori nasceva da una continua ingravidazione, originata dal suo incontrarsi
con ostacoli trasparenti, o solidi, oppure opachi, che ne variavano
all'infinito le gradualità. Per
Newton, dunque, il colore era un dato, espresso da una legge; per Goethe,
un fatto squisitamente intellettuale e poetico, la cui ricezione poteva
nascere soltanto da una continua vigilia speculativa. Io
ho la ferma convinzione che a Goethe, più che a Newton, qualunque
sia la verità ultima del dilemma, con naturalezza si rivolga
la pittura di Giuseppe Simonetti. Ampi
squarci di cielo, avvicendati da nubi vaporanti, si dispiegano così
dinanzi ai nostri occhi, lacerati da improvvise cesure (le linee verticali)
di ascendenza mondrianica, che hanno il compito precipuo di scandire
la superficie della tela e di schiuderla a spazi interminati. In alto
e in basso, quasi continue chiose o citazioni, si atteggiano gli spettri
solari, che ora ricordano, modulanti, le ampie tastiere dell'universo,
ora gli improvvisi unisono d'orchestra che squillano con le crome più
accese. Gli azzurri striati di bianco d'una delle opere, che non casualmente ha il titolo "distacco", o di quell'altra, calcinata, che ha il nome "mutazioni", si immergono nelle dissonanze più aspre, quasi a dimostrare l'ampio registro creativo dell'artista. Il quale, imperturbabile, chiuso nell'Atanòr della propria mente, promuove ed assiste alla nascita del mondo nuovo che le sue opere pretendono ed attingono. |
"The infinite space of colour" Aurelio
Pes
During the eighteenth century, the European cultural milieu was upset
by an intense controversy : a poet, John Wolfgang Goethe, dared to disagree
with one of the greatest scientists of all time, Isaac Newton, through
a foray into the field of numbers and experimentation. The matter under
dispute was the colour's nature ; or, to be precise, its origin. According
to Newton, white was the origin of everything, as it was proved by the
fact that when a white ray of light was filtered by a prism, it split
into the seven colours of the rainbow that it already contained ; whereas
according to Goethe, white was pure, and the alternation of colours
was due to a constant pregnancy deriving from its coming up against
transparent, solid or dull obstacles which varied its gradualness countless
times. Newton,
therefore, thought that colour was a fact expressed by means of a law;
for Goethe, it was a typically cultural and poetic fact that could only
be understood through a constant speculative vigil. I'm
firmly convinced that, whatever the truth about this dilemma might be,
Giuseppe Simonetti's painting is naturally more inspired by Goethe than
by Newton. For Simonetti, colour isn't a decorative fact to be added
to a preconceived idea (Newton), it is a series of dazzling conjugations
recalling poetical metaphors (Goethe) and building with endless inventiveness
a space, a story or a fate that have their support in chromatic scales. Thus,
wide bursts of sky alternating with evaporating clouds spread before
us, being lacerated by sudden caesuras - vertical lines - recalling
Mondrian's works of art; their main task is to scan the canvas' surface
and open it to an infinite space. Solar spectrums appear up an down
like constant annotations or quotations, first recalling the large keyboards
of the universe, then the sudden unisons of an orchestra sounding with
the brightest quavers. In one of the artist's works of art, whose title, not accidentally, is 'Distacco' (Detachment), as well as in another one whose title is 'Mutazioni' (Changes), the blue streaked with white disappears into the most rasping dissonance, as if to show Simonetti's great creative range. Withdrawn into the Atanor of his mind, the imperturbable artist promotes and witnesses the birth of the new world his own works of art determine. |
Dall'antologia critica |
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E lo spazio a cui continuamente guarda è quello del cielo, questa immensa
distesa di aria senza confini, né fine. Evocare il cielo, innanzitutto.
Blu cobalto, azzurro, celeste: toni che si accostano l'uno all'altro per
rendere tangibile la massa d'aria che avvolge la terra, questo blocco
di atmosfera a vederlo grandioso e da non poter credere così leggero e
persino inesistente. Per rendere appieno il senso dell'infinito, Giuseppe
Simonetti crea per contrasto, pone un termine, "ingabbia" il suo cielo,
lo racchiude tra segmenti di strutture, tra tagli che dividono o spezzano,
ma definiscono. Squarci di cielo dunque, osservati da una finestra, della
quale si mantiene il bordo, il limite, come a voler evitare una totale
perdita in uno spazio così ampio… … In alcune tele il cielo è un pezzo
di paesaggio e il resto è mare o terra. Se è terra il colore si riscalda,
assume la densità di una zolla argillosa del Mediterraneo: giallo ocra,
senape, marrone bruciato, rosso. La temperatura si è alzata, ma l'atmosfera
rimane immobile, quella di luoghi umanamente azzerati, di territori senza
architetture. Un solo unico elemento è il testimone di storie, la traccia
di un vissuto: un silos a strisce gialle e celesti, arancioni e azzurre.
E' una presenza muta, un residuo, quasi, di una ipotesi di civiltà industriale,
o il simbolo di una umanità esistente ma celata. Se è mare il colore è
steso per moduli continui a segnare probabili strati di profondità, e
per gradi di sfumature giunge alla linea più alta, all'acqua di superficie,
la stessa che si fonde con il cielo, così la tinta di mare diventa nuovamente
tinta di cielo. Anche negli abissi regna il silenzio, solo in fondo un
relitto, ritorna il silos a strisce, questa volta come una nave affondata.
E.Valenza "Frammenti d'infinito" - mostra S.Maria dello Spasimo
- Palermo 1997
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Sarebbe facile parlare, per questa pittura, di una astrazione attratta
dai grandi modelli storici dell'astrattismo geometrico - Mondrian su tutti
-, tendente alla misura aurea del rigore formale, di una norma intellettuale
costruita attraverso la nettezza delle stesure di colore. E sarebbe un
equivoco: perché se è indubbio che per Simonetti non si dà pittura senza
l'esercizio intellettuale, senza la riflessione che sottrae il quadro
all'aura del caso, è ugualmente vero che nelle opere degli ultimi anni
l'atto del dipingere, l'intenzione del fare pittura non si lascia risolvere
per intero nel progetto mentale della composizione. Certo, il nitore delle
linee che corrono per la superficie, come pure la gamma di colori brillanti
e freddi, astratti nel loro esplicito antinaturalismo, dichiarano il loro
essere innanzitutto "cosa mentale": ma quei richiami di verdi, di rossi
e di gialli distribuiti per tutto il quadro secondo un sottile sistema
di richiami, di assonanze e di equilibri (ed ecco il grande esempio di
Mondrian) ricevono proprio dalla partitura cromatica un nuovo e diverso
senso luminoso. Come se la luce, elemento fenomenico per eccellenza, la
luce continuamente cangiante del paesaggio, la luce, tono del sentimento
e dell'elegia, si trovasse impigliata e trattenuta nella stesura delle
geometrie, e dalla dimensione liminare del sottile confine che separa
una dall'altra una linea da una linea, una campitura da una campitura,
irradiasse la sua potenza arcana… S.Troisi dalla presentazione della
cartella "Finestre sui bacini" ed. Bacini S.p.A. - Palermo novembre
1993
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La geometria si fa scansione, discorso, linguaggio, rende consonanti le
dissonanze di colori e superfici. Deve quindi procedere con gesti semplici
e assoluti come il contrapporsi della linea verticale alla orizzontale,
proprio perché all'interno di queste contrapposizioni il disporsi del
colore si interrompe e ricomincia, facendosi discorso. Caos e frammentarietà
costituiscono il cominciamento dell'azione compositiva, che trae da se
stessa ordine e forma, imprimendo ad ogni materia la funzione del linguaggio.
Questa raggiunta compiutezza di lavoro e di metodo ci si fa incontro nelle
creazioni di Simonetti che vanno dall'ariosa semplicità delle prime composizioni
alla più evoluta presa di coscienza della produzione ultima, in cui la
realtà viene vista da vicino e raccontata per dettagli nell'ansia del
superamento di essa e, attraverso di essa, di se stesso. L.Bica dal
testo per la rubrica "Quadreria" di NEXT n° 28 - Roma primavera
1993
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Così, il lavoro di Simonetti introduce un particolare sistema della visione
nel quale affluiscono tutte le componenti cromatiche e di atmosfera, proprie
della orizzontalità mediterranea cui appartiene l'artista; componenti
filtrate attraverso un uso equilibrato e armonico di piani solcati da
linee verticali e geometrizzati in accostamenti cauti e soffici. Piani
caratterizzati da graffiature rapide e sottili, simili a polverizzazioni
fluorescenti o a rifrazioni dalle intrecciate e avvedute propagazioni,
così da conferire alle tonalità e ai valori timbrici dei blu scuri, dei
celesti, dei rossi, dei gialli, dei marroni, capacità linguistiche o di
espressione di rara efficacia immaginativa… … Il retroterra culturale
da cui muove Simonetti - pur operando in un'area geografica storicamente
precaria, qual è appunto la Sicilia - è rappresentato da quel punto nodale
della cultura europea in cui confluiscono insieme gli apporti diversi,
ma convergenti, delle astrazioni percettive, delle teorie critiche purovisibiliste
e della filosofia fenomenologica, consentendo in tal modo a Giuseppe Simonetti
di collocarsi certamente tra i più significativi pittori della nuova astrazione
metageometrica. F.Carbone "Simonetti o dell'astrazione metageometrica"
- mostra alla galleria "L'Altro" - Palermo 1990
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Le figure dominanti (o anche quelle che si evidenziano secondo una spazialità
periferica: ci riferiamo al triangolo) devono, allora, leggersi
quali pagine e capitoli di una "ragione" che si manifesta quale espressione
e strumento comunicante. L'istanza teorica è divenuta, finalmente, fatto
concreto, superando ogni ansia strutturale ed affermando la libertà dell'immaginazione.
Lo spazio del dipingere, in tal modo, diviene dinamico consentendo
una visione in movimento pur nell'ordine del segno grafico, del colore
e del ritmo. Grazie anche all'impaginazione sempre rigorosa e ad alto
equilibrio, in un'evidenza complementare del colore, del suo essere luminoso
e della sua saturazione, e secondo mutevoli incidenze. La dialettica si
stempera, così, per analogie ed il pittore, nel rispetto di una
"misura"non più segreta, stratifica insieme rigore e libertà in quello
che è il luogo quotidiano della sua ricerca e della sua esperienza: ancor
più razionale e geometrica. T.Carpentieri "Giuseppe Simonetti
e la geometria come partitura" - da "Terzo occhio" ed.
Bora - Bologna 1986
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L'uso raffinatissimo del colore che nelle ultime opere tocca le gaie tonalità
del postmodern, toglie rigidezza alle strutture senza per questo
diminuirne il rigore che fa di Simonetti un artista che potrebbe ben figurare
nell'area delle ricerche analitiche. Ma qui le luci del Sud, accese o
stremate che siano, si fanno veicolo di limpidissimi inquinamenti attraverso
cui si instaura, nel pur preciso discorso dei codici, un nucleo di resistenza
poetica. Ed è questo controcanto incessante fra lucidità strutturale e
abbandono lirico, che sfalda e fa rilucere anche la materia all'interno
di perigliosi equilibri di spazio, a costituire la particolarità dell'immagine
di Simonetti… F.Solmi - mostra galleria "Il Patio"
di Ravenna - Bologna 1985
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Giuseppe
Simonetti in un paesaggio di sogno. Con tante stratificazioni, come sedimentazioni
diverse di materiali psicologici, provvisti di luce propria, ma aspiranti
alla luce. Un problema genitivo, per forme intersecanti le une con le
altre, eppure avvertibili nella loro diversità eccentrica che non si ritrova
mai nello specchiarsi dello stesso quadro compositivo. L'analogia c'è,
ma è nel salto, nella macchina scenica, nella composizione del libro
dalle pagine come capitoli, come interi capitoli della ricerca d'identità…
F.Gallo - mostra galleria "Marcel Duchamp" - Caltanissetta
1984
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Le recentissime opere che meritano effettivamente l'attenzione del più
avvertito pubblico palermitano, paiono provenire da una più matura tensione
verso l'astratto. Sono sempre il disegno, la apertura di fondi esattamente
scenici che dominano l'insieme, nonché l'intensità del colore: ma è presente
un raffinatissimo gioco tra i piani compatti dell'organicità e l'accenno
a segrete e iperboliche lacerazioni che non smentiscono i risultati d'armonia;
resta così impressa sulle tele una lezione di rara eleganza… E.Giunta
- mostra centro di cultura "G. Pitrè" - Palermo
1982
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Sono le operazioni più fresche dove è venuta a condensarsi una scrittura
che non pare sia il prodotto meramente godibile, venuto da esperienze
esterne, da strette relazioni con altre culture artistiche astrattistiche,
con tendenze di riprese del geometrismo piano e solido. V'è qui (si leggano,
ad esempio, le serigrafie a nove colori) una svolta che tenta - e l'artista
esce con esiti consistenti - la resa del colore; e vengono a svilupparsi
costruzioni plastiche, come dei progetti per sculture, dove l'effetto
delle masse unite offre il significante. Che è la materia, come vista
al cannocchiale, con le sue strutture diverse ma che con la loro coesione
costituiscono la potenza, la energia… S.Saglimbeni - mostra centro
di cultura "G. Pitrè", Palermo - Verona 1982
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L'altrove è realmente dentro di noi: basterebbe saperne distinguere la
dimensione e il profilo. Non è questa l'intenzione dell'artista? Ma anche
la realizzazione della sua spazialità tramutata in linguaggio, in partiture
cromatiche. Ed è quanto egli racchiude in scorci e sottofondi per ricavarne
radici, frammenti di idee che salgono dal subconscio, come il mare angolato
e il tratto di bianco sempre affiorante dall'abisso, come la luce dal
grigio, celeste, azzurro, nero… E.Filippo Accrocca - dalla presentazione
della cartella "Lista d'attesa" - Roma 1979
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Paesaggio cromatico, in cui due o più piani si affrontano e confrontano
in una bidimensionalità carica di illusioni percettive. L'essenzialità,
il rigore sono qui portati alle estreme conseguenze, al punto che il riferimento
figurativo alla sagoma umana appare come una concessione, l'ultima concessione.
E.Rebulla da "L'Ora" - Palermo 16 novembre 1979
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Il problema centrale è quello della rottura tra necessità o volontà di
comunicare e difficoltà di dialogo - sino al limite della incomunicabilità
- che l'alienazione contemporanea pare sancire… G.La Monica da "L'Ora"
- Palermo 25 novembre 1978
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I quadri di Simonetti muovono da una chiarezza di istanze interiori che
nel "farsi" si sciolgono in trame emblematiche, in piani di colore ove
predomina la conquista di spazio, il bisogno di incidenza, la fuga verso
idealità accattivanti ma lontane, l'incontro uomo-donna come liberazione
della materia: la sua linea figurativa è asciutto simbolo di uno sforzo
verso l'impossibile che un richiamo costante di razionalità disciplina
e riduce a ritmi geometrici ben calcolati… E.Giunta - mostra galleria
"La Persiana" - Palermo 1978
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Il sagomare continuo del disegno, a sottolineare i segni di riconoscimento
di una immagine, già chiara di per sé, raccoglie quasi il desiderio di
attribuire un emblema, rendere ancora più visibile, assumendone simbolicamente
il contesto, delle figure che così visualizzate divengono altrettanti
ritagli di spazio, come se una mano mistica nelle movenze, estetizzante
e compiaciuta nei ritmi, le avesse composte con accorata scrupolosità,
in un puzzle che un soffio o un pensiero potrebbe scombinare… F.Spena
- da: "Il foglio d'Arte" - Aprile 1978
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Le opere di Simonetti propongono umane immagini virtuali, riflesse più
che reali: dalla vita traggono ansietà e turbamenti, tensioni e sollecitazioni,
oppressioni e repressioni, ma calate nell'opera si purificano. L'immediato
ed il remoto, il vissuto ed il sognato, lo speculare ed il reale si sovrappongono…
S.Cuccia - mostra galleria "Il Paladino" - Palermo
1978
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Stagliati nei loro contorni e accostati con abili e spontanee sovrapposizioni
corporee, i volti impaginati da Simonetti ubbidiscono al richiamo di un
tempo e di uno spazio entro cui la voce non si amplifica in grido, ma
resta espressione vibrata del silenzio, senso circoscritto nell'orgasmo
mimico di una solitudine che forse attende di essere rotta attraverso
un qualche approccio con la comunicabilità… F.Carbone - mostra galleria
"L'Asterisco" - Palermo 1977
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L'incantato equilibrio della narrazione, il gusto della impaginazione
dai felici esiti lirici, il cauto uso dei valori cromatici condotti sui
registri più tenui e di pochi toni, istintivamente sentiti e razionalmente
meditati, costituiscono tutti elementi che depongono per una esplorazione
e per una ricerca che Simonetti conduce all'insegna di un rigoroso ordine
ritmico e cromatico che ha la funzione di servire ad illuminare la forma
da di dentro… G.Cappuzzo - mostra galleria "Nibbio",
Bagheria - Palermo 1973
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Pochi colori, una chiarezza non comune di composizione, di tagli di spazio,
figure emblematiche dalla evidente significazione, anche se sembrano corrose
dalla solitudine, da un enigma esistenziale… G.Salvo Barcellona - mostra
galleria "E.T.A.S.", Monreale - Palermo 1973
|
traduzione di Eliana ESCHERI |